Category: Opere


“…tra le righe di questo sterminato materiale, si rinvengono anche delle tracce di un’altra parte del mondo di Piedigrotta, di una sua dimensione oscura, quasi sconosciuta: un’altra festa, una Piedigrotta notturna.
Al tramonto del giorno 7 settembre, gruppi di uomini, donne e ragazzi vestiti con foggia guerresca, si muovevano da tutte le parti della città e dai paesi circonvicini, per raggiungere la zona del Santuario. Durante il cammino, si suonavano gli strumenti della musica tradizionale e, intonando i canti della Tradizione, si danzava il ballo sul tamburo o tarantella. Questo pellegrinaggio aveva come meta la Grotta di Pozzuoli, o Grotta di Posillipo: la Crypta Neapolitana degli Antichi, situata alle spalle del Santuario, nelle immediate vicinanze della cosiddetta tomba del poeta Virgilio Marone. In questo antro, forse da secoli, i napoletani si recavano nella notte tra il 7 e l’8 di settembre e, alla luce dei fuochi e delle fiaccole, stimolati dai canti e dalle danze tradizionali, celebravano una festa che, in alcune sue particolari circostanze, sembrava assumere i caratteri di un rituale erotico di fertilità femminile.
Questo, almeno fino agli inizi del XX secolo, quando la Grotta fu chiusa, e quella festa notturna, naturalmente, non ebbe più ragione di esistere.
Di quest’altra Piedigrotta, non si sa quasi nulla, ma, come si diceva, testimonianze ve ne sono, benché rarissime e assai frammentarie…”
Tratto dal libro “Festa Notturna” di Antonio Orselli
A settembre su… http://www.leparchedizioni.com

Piedigrotta copyright

Il sole dentro me

Il sole dentro me

Luce del giorno,

raggi dorati e struggenti,

sfocati riflessi indiscreti

in un presente impallidito.

Trasparente come uno specchio illusorio

scorge il mare tra nuvole di prato.

Estro che vola tra binari immacolati

in uno spazio stabilito.

Dalla finestra chiusa

l’estremità del passato,

sapiente ricamo del mondo:

battito costante di ventura.

Dissolve il crudo raccolto,

quella neve che copre la vita.

Una traccia al mattino

che d’incanto illumina e brama.

Marco Bartiromo

Marina Morelli è nata a Roma, il 5 luglio 1963, e qui vive tuttora. Madre di due ragazze autistiche, si è dedicata pienamente alla loro assistenza smettendo di lavorare nel 1996. La poesia che voglio condividere con voi fa parte di una raccolta non ancora pubblicata, ma che ha tracciato il cammino verso la scrittura pubblicando il suo esordio letterario:

Nozione d’amore – Appunti di un viaggio all’inverso

(Il libro è stato pubblicato nel mese di ottobre, in seconda edizione, da “Le Parche Edizioni”. Marina Morelli, attraverso queste pagine, compie un incredibile viaggio all’inverso, lasciando alle sue spalle la mancanza d’amore e d’amicizia che per anni l’ha condizionata. Il dolore non ha indurito il suo cuore, gli abbandoni non hanno minato il suo amor proprio e le malattie non l’hanno resa impotente: vive di concretezza e immaginazione, seguendo l’incombenza di un disegno superiore, intravisto con la mediazione della sua interiorità e dei suoi arcani contenuti.)

VUOTO DI ME

Come un involucro 
che non ha ancora raggiunto la misura,
        io me ne vado per il mondo
contenendo tutto il mio dolore.

Mi sono svuotata di me. 

Ho accolto e
fatto posto a tutta la mia sofferenza…
e faccio attenzione che, questa, 
          non debordi nel mondo intorno,
che tanto apprezza, 
     anzi chiede l’apparente allegria.
        
A volte mi apro, ed è proprio allora, 
quando un’ombra di verità oscura il mio sorriso
che, se non sono sola,
            io mi sento spudoratamente sola:
spogliata del mio dolore, carne viva
    …e vuota di me.

Marina Morelli

(Roma, 26/10/2010)

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Nel libro, intimo di rivisitazioni di tutto ciò che nella sua vita ha fatto e scelto, ci sono raccontati fatti tremendi, completamente inediti, sconosciuti al pubblico. Si parla di politici corrott…

Sorgente: Politici e clan, il nuovo libro di Misso

Enigma

Chissà se troverò la chiave del dilemma

per schiudere la soglia sibillina,

forse trascinerò quel fardello immaginario,

l’ennesimo delirio della mente,

nell’infinito dedalo proibito,

un groviglio macchinoso

ostruito dagli enigmi del cuore.

Chissà se scoprirò il complicato arcano,

tirando fuori dal cilindro

l’ennesima e inutile bugia,

a cui presterò fede

per non offendere la genesi del mondo.

Marco Bartiromo

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Un mondo piatto….

Il mondo piatto

Forse un mondo piatto eliminerebbe le emicranie,

lenirebbe sofferenze riducendo i pensieri.

Forse un mondo piatto muterebbe l’esistenza

facendoci rinascere da una morte interinale.

Forse anche i sogni troverebbero risorse

senza lasciarsi andare nell’orbita infinita,

non si disperderebbero come aquiloni al vento

inducendoci a nutrire un nuovo desiderio.

I sogni spazierebbero nel cielo livellato

legati al nostro cuore da catene d’entusiasmo,

e non svanirebbero nel caos della speranza

per poi frantumarsi in lacrime di pioggia.

Un mondo piatto è uno spettacolo creato,

un’esibizione improvvisata da un discobolo devoto

che consegna messaggi per la gioia del domani

con l’ottimismo di chi ci spera ancora.

Marco Bartiromo

Un ponte surreale

La linea che abbraccia il cielo,

quella dritta oltre l’infinito,

è l’unica meta che l’occhio esplora.

Il mare dipinge meraviglie

sul pube violentato dall’amore,

mentre la fodera respira

con i colori vivi del Creato.

La vita erige un ponte surreale

sospeso tra la nebbia e il cuore,

e sfilano promesse melodiose

attratte dal vapore dell’eterno.

Marco Bartiromo

 

The-Sun Robert Gonsalves

The Sun – Robert Gonsalves

I dipinti surreali di Gerard Daran

Gérard Daran, nato il 2 gennaio 1946 a Tolosa, è un pittore e disegnatore francese. 
Ha studiato Belle Arti a Tolosa, Strasburgo e Parigi , specializzandosi  in figurativa, soprattutto nel nudo accademico. Vive e lavora a Parigi dal 1968 .
Il lavoro di Daran è interamente sotto il segno della donna. Ha catturato la sua attenzione e motivato tutta la sua creazione: appare irreale, misteriosa, segreta, eterna, unico oggetto dei suoi desideri. Ottima la grafica, per il disegno Daran coltiva rispetto e amore. Lui ha sempre utilizzato l’acquaforte e la litografia di esprimere i suoi pensieri. Questo lavoro gli ha permesso di acquisire una padronanza senza pari di linee e curve. L’abbondanza iniziale delle sue creazioni, ha mantenuto solo l’essenziale.
Usa oli morbidi e colori della terra. Cerchi, triangoli e quadrati, grandi appezzamenti enfatizzano la costruzione e partecipano all’equilibrio e alla perfezione.

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Gerard Daran

GERARD DARAN _ PAINTER_ FRANCE (16)

….haiku….e fantasia….

Senza certezze

le stelle non brillano

di luce propria.

Marco Bartiromo

 

folletto di luce

Cocotte

I.

Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…

II.

“Piccolino, che fai solo soletto?”
“Sto giocando al Diluvio Universale”

Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.

Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con le mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!

“Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?”
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…

“Una cocotte…”
“Che vuol dire mammina?”
“Vuol dire che è una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!”
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…

Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!

III.

Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
“O piccolino, che non mi vuoi più bene?”
“È vero che sei una cocotte? “
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.

IV.

Tra le gioie defunte e i disinganni
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?

Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi, ti ritrova

in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!

Vieni, Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
coma Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!

Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono state…
Vedo la casa; ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!

Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa’ che io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacierò: rifiorirà nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.

Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora,
il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.

Guido Gozzano

(da I Colloqui, 1911)

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